mercoledì, gennaio 18, 2006

LA TV FA MALE AI BAMBINI? INDICATORI DI RISCHIO DA TELEPATOLOGIA


Guardare la TV può “far male” ai bambini?
Come ogni innovazione tecnologica la televisione ha portato all’uomo vantaggi e possibilità di crescita, può però, in alcuni casi, attivarecondizioni negative e rischiose per i bisogni di salute fisica psichica e sociale del bambino o dare “il vestito” all’espressione della patologia, del disagio psichico.
 
 
Perché può essere rischioso per la salute psichica del bambino?
Dall’osservazione clinica di condizioni psicopatologiche si evidenzia che, in alcuni casi, l’utilizzazione della televisione diventa una modalità sintomatica di vivere: se vengono a mancare i valori trasmessi dalla famiglia e dalle istituzioni sociali, il bambino vive e trova il suo compenso nell’abuso della TV ed assorbe come valori quelli comunicati della televisione.
 
 
A quale funzione sociale assolve la televisione?
 Per alcuni bambini, dall’essere strumento di informazione e di intrattenimento nel tempo libero, la televisione finisce per assolvere alla funzione di educatore, di “strumento umanizzato”, diviene una compagnia virtuale, talvolta preferita a quella reale.
 
 
Quali sono le situazioni a rischio?
L’abuso televisivo può essere dannoso in alcuni particolari casi a rischio.
Sono situazioni a rischio quando:
§          viene a mancare la identificazione primaria con i genitori;
§          i genitori non hanno energie da investire;
§          i bambini vivono in un clima familiare problematico e violento.
 
 
Cosa accade se viene a mancare la identificazione primaria con i genitori?
 Il bambino nella sua crescita ha necessità di figure con le quali identificarsi.
L’identificazione primaria è con i genitori, l’identificazione secondaria avviene attraverso ogni altro supporto familiare e scolastico (nonni, zii, genitori di amici, insegnanti ecc.) quella terziaria con le informazioni collettive, le immagini idealizzate, i coetanei.

Se viene a mancare l’identificazione primaria, il bambino che ha risorse attiva l’identificazione secondaria utilizzando ciò che la realtà gli offre.
Quando invece il bambino è vulnerabile viene a trovarsi in un vuoto depressivo e nel bisogno di avere modelli con i quali identificarsi. Cerca, quindi, supporti facilmente fruibili tra ciò che incontra: il principale supporto spesso è ciò che viene visto in TV. Inoltre guardare la TV esime il bambino in difficoltà dall’avere rapporti sociali.
Se infatti il bambino o il giovane per loro difficoltà (ansia di separazione, ansia da prestazione o ansia persecutoria) evitano una relazione con il mondo esterno, la relazione con la realtà viene elusa e surrogata con la TV le cui scene diventeranno la realtà del bambino/ragazzo.

Normalmente, quando osserviamo delle scene emotivamente impegnanti, ne siamo presi, ci identifichiamo nelle scene ma poi, finito lo spettacolo, ritorniamo alla nostra realtà; questi bambini/ragazzi non riescono a de-identificarsi ma proseguono a vivere la scena come se fosse la loro vita, entrano quindi in una dimensione psicotica.
 
In questa mancata de-identificazione possono essere coinvolte le pulsioni aggressive e sessuali che, non avendo un filtro di valori interni acquisiti, possono poi essere agite nelle realtà.
 
 
E quando i genitori non hanno energie da investire?
Alcuni genitori sono indaffarati, non hanno capacità o tempo da dedicare allo sviluppo psico-emozionale del proprio figlio e spesso utilizzano la TV come strumento sussidiario.
 
In effetti il bambino, già dal primo anno di vita, messo davanti alla TV si calma, sta buono, sembra poi, crescendo, divertirsi, apprendere.
 
Il bambino vive però passivamente gli stimoli sonori e visivi equivalenti di stimoli affettivi, senza essere avvezzato alla fatica del confronto con la realtà, senza la mediazione del genitore che lo aiuta a distinguere tra quello che è reale e quello che è finzione. A tal punto che, a volte, se gli viene a mancare la TV, si manifestano attacchi di panico equivalenti all’ansia di separazione dalla madre.
 
 
E quando i bambini sono testimoni delle violenze in famiglia?
 
I bambini testimoni delle violenze in famiglia vivono sentimenti penosi di angoscia, depressione, senso di colpa, vergogna.
 
Utilizzano come meccanismi di difesa la fuga dalla realtà, il rifugio nella fantasia, la visione televisiva diventa strumento consolatorio.
 
Mentre il bambino normale e con risorse ripropone nel gioco attivamente i propri traumi per superarli, il bambino testimone di violenza, vulnerabile,ricerca passivamente nella TV la ripetizione della scena familiare perché così tende a normalizzarla.
Realtà familiare e finzione TV sono le sue realtà di violenza su cui si conferma e che tende a ripetere.
 
Nei bambini testimoni di violenzai meccanismi identificatori sono quelli con l’aggressore, la vittima e con i valori negativi socialmente non accettabili.
 
Nell’identificazione con l’aggressore, per liberarsi dell’angoscia suscitata dal comportamento del genitore, il bambino ne assimila il comportamento, normalizzando l’immagine del genitore, conformandosi ad esso rinforzato dalla violenza veicolata dalla TV.
 
Nell’identificazione con la vittima, soprattutto quando si è condizionati da persona autoritaria e dai sensi di colpa, il bambino appaga le istanze espiatorie assumendo il ruolo di vittima che poi andrà alla ricerca di un “carnefice”.
 
Nell’identificazione con i valori negativi, attraverso il comportamento anomalo del genitore, violento, perverso, confermato e normalizzato da ciò che vede in TV il bambino entra massicciamente in contatto con aspetti collettivamente rifiutati: l’odio, l’aggressività e la sessualità perversa assumendoli come valori a cui conformarsi.
 
Sottolineare i meccanismi di identificazione, permette di chiarire perché un tal bambino, in altre occasioni della propria vita, divenga poi egli stesso carnefice o vittima.
 
Se è presente l’identificazione con l’aggressore, il bambino è attratto in TV da figure carismatiche e violente, che poi cerca di emulare nella realtà. Va alla ricerca di vittime che lo confermino come aggressore, da adolescente può compiere atti violenti nei confronti della società come atti di bullismo, da adulto è persona aggressiva.
 
Se prevale l’identificazione con la vittima, il bambino sviluppa una visione del mondo violento e prevaricatore da cui si esime ritirandosi. Viene attratto in TV da figure carismatiche e violente, che poi ricerca nella realtà per confermarsi come vittima in cui il violento è il proprio eroe oppure ricerca dalla TV la realizzazione di un mondo buono e ideale compensatorio della tristezza della vita reale.
 
Nell’identificazione con i valori negativi ripropone nella sua vita i valori collettivamente negativi con cui è entrato in contatto nella vita familiare nei corrispondenti valori negativi riconosciuti nella TV.
 
 
Quali sono gli indicatori di rischio da telepatologia?
Abuso televisivo, con contemplazione della TV superiore alle due – tre ore quotidiane.

§          Euforia o esaltazione nella contemplazione delle immagini televisive dei programmi preferiti.
 
§          Riduzione delle attività di svago alternative alla visione televisiva.
 
§          Rarefazione dei rapporti sociali, con apatia di fronte ad inviti allettanti.
 
§          Consumo di programmi televisivi, sui quali non si tollera l’interferenza e il commento.
 
§          Appiattimento delle capacità critiche e passività mentale di fronte ai contenuti mediati dalla tv.

§          Confusione tra la realtà e la descrizione televisiva della realtà, accettazione di quanto detto in televisione come realtà assoluta e superiore alle altre

§          Crisi di astinenza con nervosismo, irritabilità e agitazione ansiosa, nel momento in cui il soggetto non ha disponibile una televisione.

§          Ansia e depressione abnorme e ricorrente associata a notizie apprese in televisione.
 
 
Il Progetto Girasole
Il Progetto Girasole è dedicato alla prevenzione e al trattamento del disagio infanto-adolescenziale.
Per facilitare la precocità del riconoscimento dei disturbi ed il corretto intervento, nell’ambito del Progetto Girasole, è attivo per le famiglie e professionisti dell’infanzia un servizio di consulenza telefonica: tel. 06.6859.2265.
 
 
Unità Operativa di riferimento
Ø       Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile
Ø       Progetto Girasole

 a cura del Dott. Francesco Montecchi
Dipartimento di Neuroscienze - Neuropsichiatria Infantile Ospedale Bambin Gesù di Roma

martedì, gennaio 10, 2006

RISPOSTA A BEPPE GRILLO


Cari amici vorrei proporre a tutti voi, rispondendo alla proposta di Beppe di scendere in strada con le nostre biciclette, di uscire lo stesso giorno ( il primo sabato di ogni mese) con i propri figli, un pallone, una corda, una bicicletta, un paio di pattini, un acquilone, una cerbottana con cartoccetti di carta, un elastico, uno skate e incominciare ad usarli con tutta disinvoltura in mezzo alla strada, senza preoccuparsi di automobilisti incalliti, senza preoccuparsi degli insulti che si potranno ricevere, ma preoccupandosi solamente di vedere i bambini felici e forti di essersi ripresi il loro spazio continuamente usurpato dalla "societa' civile" che pensa di posteggiarli a spina di pesce in qualche baby parking!
viva la vita!

Diego Labonia